domenica 21 luglio 2013

L'importanza dell'attesa

 
A differenza di molte delle mamme con cui parlo, io non sono una grande fan dei libri sull'educazione dei piccoli. Non ho letto "Il linguaggio segreto dei neonati" ne' "Fate la nanna". Ho giusto sbirciato "L'importanza dei no" perché' regalatomi, saltando il 70% delle pagine e trovandolo pure abbastanza scontato. Chiamatela pigrizia se volete o mancanza di responsabilità', ma tra un libro di viaggio e uno di pedagogia ho sempre preferito il primo anche durante e dopo la prima gravidanza.

Non ho mai adottato nessuna filosofia particolare perche' in sintonia con un qualche psicologo o pediatra. Ho sempre preferito agire di puro istinto. Magari sbagliando perche' sono certa che ci sono dei libri con delle teorie su cui vale la pena riflettere. L'unico titolo relativo all'infanzia su cui mi sono soffermata (ormai un anno fa) e' "I bambini francesi non lanciano il cibo" della newyorkese Pamela Duckerman e l'ho fatto solo perché' mi ha incuriosito una recensione su "The Economist".

Il libro e' sicuramente leggero e non ha l'autorevolezza di uno scritto pediatrico ma e' davvero molto divertente e ha il vantaggio di essere basato su esperienze concrete. L'autrice, mamma di una bimba e di due gemelli, e' una giornalista americana trasferitasi a Parigi e nel suo libro fa piu' uno studio sociologico sulle differenze tra i genitori anglosassoni e quelli francesi che un vero e proprio trattato di pedagogia. Nessuna teoria pretenziosa quindi, solo un confronto tra due culture, le rispettive educazioni e le riflessioni delle conseguenze pratiche sul comportamento dei bambini. La tesi della scrittrice è che i bambini francesi, tirati su ad "attend" sono di gran lunga più educati dei bambini americani e inglesi dove tra i genitori vige più la corsa alla soddisfazione immediata delle richieste del piccolo. Il mio commento non puo' andare in realta' molto in là perche' non ho mai visto dal vero un numero di bambini francesi abbastanza alto da avvalorare la tesi di Pamela. Dovendo pero' giudicare dai bambini francesi che incontro in vacanza direi subito che ha ragione!

Il gran segreto di quest tipo di educazione alla francesce e' l'importanza dell'attesa che volendo semplificare al massimo significa: non correre dal bambino col turbo ad ogni minimo vagito. Questa regola vale dai neonati in su ed e' a mio modesto parere una delle regole d'oro del rapporto tra genitori e bambini sin dal primo istante. Non mi sono convinta di questo leggendo il libro ma viceversa. Leggere il libro mi ha solo trovato d'accordo su qualcosa che avevo gia' capito e messo in pratica (con successo) da tempo. Attendere significa per me regalare piccole gemme di indipendenza, quella di cui tutti noi abbiamo diritto sin dalla nascita e perfino quando diventiamo genitori. Metto in conto che molti (The Queen Father di sicuro) non saranno d'accordo con me ma e' normale, nemmeno io sono d'accordo con i genitori che dormono ogni giorno con il bambino nel lettone o quelli che non riescono mai a lasciarlo con una babysitter. Penso che ognuno deve fare quello che si sente. Non ci sono regole ne leggi se non quelle dettate dall'istinto e il mio mi ha sempre guidato verso l'educazione all'attesa che nella pratica significa:

se il neonato piange non saltare dal divano e correre alla sua culla come se si fosse sentita una scossa di terremoto ma, per l'appunto, aspettare. Il neonato potrebbe infatti smettere di piangere subito e tornare a dormire o, addirittura, imparare proprio durante quell'attesa che ci si puo' addormentare da soli.

se il duenne in fase terrible twos fa i capricci e si butta a terra attendere che gli passi senza reagire. La vostra "calma" (anche apparente) lo aiutera' a capire l'inutilita' di tale scenate.

se il trenne voglio*tutto*e*subito fa i capricci la regola e' sempre quella del farlo aspettare. C'e' un'alta probabilita' che se quello che voleva era l'ennesimo pezzo di cioccolata nell'attesa si distragga e se lo dimentichi.

Non scannatemi pensando che l'attesa deve durare ore, a volte bastano 5 minuti. Il guaio per me e' che molti genitori non attendono nemmeno 1 minuto con conseguente dipendenza morbosa dei bambini nei confronti dei genitori e viceversa. Non pensate nemmeno che far attendere un bambino significhi non badarlo ed essere indifferenti nei suoi confronti. Educare all'attesa puo' voler dire spiegare al bambino come si cucina la pasta invece che perdere entrambi la pazienza quando il piccolo ha fame e non riesce a capire perche' la sua pasta non e' gia' pronta sul piatto; piuttosto che fare la classica torta insieme e vedere come lievita dentro il forno.

Nessun regime militare quindi ma solo un pizzico di pazienza e fermezza in piu' per il bene di tutti.

Tutte teorie che si richiamano tra di loro. Tempo fa parlando con un educatore si discuteva dell'importanza della noia. "I bambini, mi spiegava, hanno bisogno di tempi morti in cui sviluppare la propria fantasia e creativita'". Non troppi corsi o attivita' organizzate quindi ma piu' spazio al proprio mondo interiore sin da piccolini e quindi, indirettamente, all'attesa.

Insomma niente libri sull'educazione a casa mia ma, ogni tanto, qualche saggio di leggera pedagosociologia anche si.

Enjoy!

















2 commenti:

  1. Assolutamente d'accordo.Un po' di sano buonsenso vale più di 100 trattati di pedagogia e soprattutto non dimenticare che prima di essere una famiglia si è una coppia. Questo per evitare assurdi struggimenti e gelosie quando i figli voleranno da soli. Baci ANNA

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  2. Hai detto giusto Anna, quello della coppia anche dopo i bambini e' un altro importante tema. Presto parleremo anche di questo!

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